La coltivazione dei bacini estrattivi di pietra arenaria ebbe inizio per opera delle popolazioni native: gli Istri. Il Castelliere di Elleri, posto a circa 300 m a sud-ovest dell’attuale bacino, vantava una cinta muraria poderosa, con una circonferenza di oltre 360 metri, costituita da blocchi anche di molte tonnellate ciascuno. I Romani, grandi conoscitori dei materiali da costruzione, ben intuirono la qualità dell’arenaria muggesana, che venne da loro utilizzata per innumerevoli situazioni architettoniche. Pregevoli esempi sono il Teatro Romano della Trieste romana (Tergeste) e le strade consolari dell’imperiale Aquileia. L’avvento della Serenissima Repubblica di Venezia diede un grosso impulso all’attività estrattiva. Nel territorio di Muggia, a partire dal seicento fino all’ottocento, il numero delle cave aumentò gradatamente fino a superare il centinaio. La facciata della Basilica di Aquileia, i campielli veneziani, la gradinata del Ponte di Rialto ed il rivestimento murario della Pescheria Storica di Venezia sono tra le opere più rappresentative di questo periodo.
Durante il periodo Absburgico l’utilizzo dell’arenaria di Muggia crebbe esponenzialmente. Per moli, dighe, piazze e lastricati stradali (saliso) questa pietra divenne il materiale primo di costruzione. Con lo sviluppo delle capacità di trasporto (ferrovie in primis), l’arenaria raggiunge Vienna e tutto l’Impero. Negli anni venti e trenta del secolo appena trascorso, sotto il nome di Cave Gorlato, poste in località Renice, l’attività estrattiva nel nostro sito raggiunge l’apice storico. Nel secondo dopoguerra, sia per le complicate vicissitudini politiche del territorio che per il massiccio utilizzo del più concorrenziale mattone e calcestruzzo, si verifica la graduale ma inesorabile dismissione di tutte le cave del territorio di Muggia. Alla fine degli anni cinquanta nessun bacino estrattivo è più in funzione.
Nei primi anni novanta la riapertura delle cave in località Renice, che si avvale delle nuove tecniche di lavorazione a spacco e segagione, permette la ripresa della produzione lapidea nel territorio muggesano, attività che vanta più due millenni di storia.